Marco ha 11 anni. Ha studiato una settimana per l’interrogazione di storia. L’ha ripetuta varie volte. Ad un certo punto esclama tra sé e sé: “Dai, la so bene!! L’interrogazione andrà alla grande!”. Arriva il giorno della super prova. Marco avverte una leggera ansia, le gambe gli tremano un po’, le mani diventano freddissime e sudate. Entra l’insegnante, apre il registro e, dopo un breve saluto alla classe, annuncia: “Bene, iniziamo a interrogare! Marco vieni pure!”. Il ragazzino felice si avvicina alla cattedra e da quel momento… inizia la disfatta!
“Perché??” Direte voi.
“Aveva studiato così tanto!! Impossibile, sarebbe dovuto essere un successo!”
“Cos’è andato storto?”
Marco torna a casa con un 5. A pranzo non ha fame. Il suo stomaco è in subbuglio e fa i capricci.
Che emozioni stanno invadendo Marco? Come si sta sentendo?

Su Mammamogliedonna vi avevo già raccontato di come ogni fallimento determini nel nostro animo emozioni forti, come la tristezza e la rabbia, e sensazioni specifiche, come la frustrazione. Diciamocelo chiaramente: a nessuno piace sbagliare o perdere e tanto meno nessun genitore è tranquillo di fronte ad uno sbaglio, o ad una sconfitta, del proprio figlio. Inoltre, molte “cadute” non sono molto prevedibili.
Tuttavia, esiste una domanda fondamentale che dovremmo porci: Come posso reagire ad un errore?
Anche un evento apparentemente negativo può nascondere un’occasione di crescita e un lato più positivo! Tutto dipende dalla nostra prospettiva. Nel caso dei bambini ciò che fa la differenza è la prospettiva del genitore che può trasmettere uno specifico modello di reazione al piccolo. Ricordiamo che lo scopo non è quello di negare la tristezza e la rabbia, bensì quello di definire strategie per guidare il bambino a gestire e ad accettare una sconfitta o uno sbaglio.
L’AUTOSTIMA
Come sempre i genitori sono il modello più efficace che i bambini hanno a disposizione per modellare il loro comportamento e atteggiamento verso la realtà. È importante,quindi, alimentare in modo funzionale il valore che il figlio ha di sé, facendo attenzione a non demolire la sua autostima. Per Burley-Allen l’autostima è fondamentale per costruire un’adeguata immagine di sé ed è ciò che è collegato al nostro valore.Gli adulti dovrebbero aiutare i piccoli a pensare in modo positivo:
- Io valgo perché sono vivo e non solo perché sono bravo a scuola.
- Se non ottengo l’ennesima Barbie non vuol dire che mi manca qualcosa e che non valgo.
- Il 5 in matematica non mi toglie valore, ma comunica solamente che devo studiare di più o che devo capire meglio quell’argomento.

Non è una cosa semplice e facile, è vero. Infatti, la società attribuisce molta importanza ai risultati e all’apparire, portando a demonizzare i fallimenti e l’ “arrivare secondi”. Serve molto allenamento, quindi è consigliabile sostenere il pensiero positivo, per tutelare il nostro valore e quello dei più piccoli, anche con azioni pratiche:
- Potremmo scrivere i valori e i pensieri positivi dopo una caduta su un foglio da appendere al muro o in una bacheca.
- Potremmo parlarne in famiglia, a cena o a pranzo, in modo che diventi naturale.
Anche in caso di fallimento il bambino può aver compiuto azioni positive: ha rispettato le regole del gioco, ha aiutato un amico, non ha barato, ha stretto i denti fino alla fine di un match… Questi aspetti dovrebbero essere rinforzati positivamente: “Hai perso, ma sei stato bravissimo a non fare il furbo, hai rispettato i tuoi compagni!”. Il feedback positivo aiuta il bambino a cogliere le sfumature belle della vita, ad evitare di concentrarsi solo sul negativo e ad aiutarlo a diventare una persona piacevole con cui si sta volentieri.
IL MONDO DELLE CRITICHE
Non è facile affermare se stessi, soprattutto dopo una sconfitta. Perdere stimola quasi sempre le critiche altrui:
“Ah potevi fare meglio!”
“Sei un asino!! Hai preso un altro 4!!”
“Te non giochi più con noi perché ci fai perdere!!”
Le critiche fanno parte della vita. È importante insegnare a comunicarle in modo costruttivo,senza offendere. Infatti, le critiche feriscono quasi sempre perché rimettono in discussione il valore che abbiamo di noi stessi. Proprio per questo,l’adulto dovrebbe saperle “maneggiare” con cura. Il problema, spesso, non è il contenuto, ma il modo con cui vengono rivolte.

- La critica deve essere rivolta al comportamento, non al valore della persona. Critica distruttiva: “Sei un imbranato!!”.Critica costruttiva: “Non riesci ancora a fare goal. Devi allenarti di più.”
- La critica deve essere specifica e non generica. Critica distruttiva: “Il tuo disegno fa schifo!”. Critica costruttiva: “Hai disegnato il rettangolo senza righello, è tutto storto. La prossima volta usa gli strumenti che hai nell’astuccio.”
- La critica deve correggere e mai mortificare.
- La critica deve suggerire anche soluzioni per superare una difficoltà legata a una sconfitta.
SI IMPARA ANCHE CADENDO
Ricordiamo che i bambini apprendono anche attraverso gli sbagli e le delusioni. L’adulto dovrebbe trasmettergli il lato positivo di un fallimento, evidenziando che nella vita i successi si intrecciano alle sconfitte.

Queste non sono dei nemici terribili dai quali fuggire, ma piccoli problemi transitori da dover affrontare e risolvere. La risoluzione dovrebbe avvenire con i tempi del bambino: non mettiamogli fretta e lasciamolo libero di esplorare il mondo intorno a lui. In sintonia con il suo carattere e temperamento, sarà in grado di trovare i suoi punti di forza sui quali far leva, riuscendo ad apprendere dalle sue cadute!
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